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Veneziatico

Il viaggio oltre il Viatico di Longhi

Dialogo della pittura di M. Lodovico Dolce, intitolato l'Aretino


FAB. Intendo che Giorgione ebbe a dire che Tiziano insino nel ventre di sua madre era pittore.
ARET. Non passò molto che gli fu data a dipingere una gran tavola all’altar grande della chiesa de’ Frati Minori, ove Tiziano, pur giovanetto, dipinse a olio la Vergine che ascende al cielo fra molti angioli che l’accompagnano, e di sopra lei affigurò un Dio Padre attorniato da due angioli. Par veramente che ella ascenda, con un volto pien d’umiltà, e il panno vola leggiadramente. Nel piano sono gli Apostoli, che con diverse attitudini dimostrano allegrezza e stupore, e sono per la maggior parte maggiori del vivo. E certo in questa tavola si contiene la grandezza e terribilità di Michelagnolo, la piacevolezza e venustà di Rafaello, et il colorito proprio della natura. E tuttavia questa fu la prima opera publica ch’egli a olio facesse, e la fece in pochissimo tempo, e giovanetto. Con tutto ciò i pittori goffi e lo sciocco volgo, che insino alora non avevano veduto altro che le cose morte e fredde di Giovanni Bellino, di Gentile e del Vivarino (perché Giorgione nel lavorare a olio non aveva ancora avuto lavoro publico e per lo più non faceva altre opere che mezze figure e ritratti), le quali erano senza movimento e senza rilevo, dicevano della detta tavola un gran male. Dipoi, raffreddandosi la invidia et aprendo loro a poco a poco la verità gli occhi, cominciarono le genti a stupir della nuova maniera trovata in Vinegia da Tiziano, e tutti i pittori d’indi in poi si affaticarono d’imitarla; ma, per esser fuori della strada loro, rimanevano smarriti. E certo si può attribuire a miracolo che Tiziano, senza aver veduto alora le anticaglie di Roma, che furono lume a tutti i pittori eccellenti, solamente con quella poca favilluccia ch’egli aveva scoperta nelle cose di Giorgione, vide e conobbe la idea del dipingere perfettamente.
FAB. È proverbio de’ Greci antichi che a tutti non è dato ire a Corinto. E voi avete detto che ’l dipinger bene è cosa da pochi.
ARET. Aveva oggimai Tiziano per le sue opere acquistata tanta fama, che non era gentiluomo in Vinegia, che non procurasse di aver qualche ritratto o altra invenzione di sua mano; e gli fur date a fare in più chiese diverse opere, come, nella medesima de’ Frati Minori, da que’ chiarissimi gentiluomini da Ca’ Pesaro una tavola all’altare ove è un pilo per l’acqua santa con una figurina di marmo di San Giovanni Battista, fatta dal Sansovino. Nella qual tavola fece Tiziano una Madonna che siede col fanciullo, il quale tiene una delle gambe leggiadramente alzata e posa il piè dell’altra sopra l’una delle mani della Madonna, inanzi alla quale è un San Pietro di aspetto venerabile, che, volto a lei, mette l’una mano sopra un libro aperto che tiene nell’altra mano, e le chiavi gli sono presso a’ piedi. Evvi un San Francesco et un armato con una bandiera, con alcuni ritratti de’ Pesari, che paion veri.

Il Dialogo della pittura intitolato l'Aretino, come indica il nome stesso, è un'opera in forma dialogica edita a Venezia da Giolito nel 1557. La conversazione fittizia, che vede come protagonisti il grammatico toscano G. Fabrini e l'Aretino, verge attorno alla visione della pittura che si conferma nel principio dell' "ut pictura poesis", quindi, pittura è "poesia ... istoria ... qualunque componimento de' dotti". L'esaltazione di Raffaello di contro al michelangiolismo vasariano tende ad assumere in una valutazione classicistica il colorismo veneto incarnato da Tiziano: la riconosciuta superiorità di Raffaello su Michelangelo - per "colorito", "varietà" e "convenevolezza" - veniva usata dall'autore in senso strumentale, a vantaggio del veneziano, superiore nel "colorito" al secondo, e unico autentico erede della dignitosa "varietà" del primo.

Titolo: Dialogo della pittura di M. Lodovico Dolce, intitolato l'Aretino.
Autore: Lodovico DolceVIAF
Data: 1735
Luogo di pubblicazione: FirenzeGeoNames
Luogo di conservazione: Biblioteca Nazionale Centrale RomaGeoNames
Categoria: Testi
Supporto: Libro cartaceo
Dimensioni: X308 p., [1] carta di tav. : ill. calcografica ; 8o
Codice identificativo: OCLC: 955481233WorldCat